Check List Di Giovanni Battimiello A cura di Valentina Muzi
Testo critico di Valentina Muzi
Vïaggio s. m. – L’andare da un luogo ad altro luogo, per lo più distante, per diporto o per necessità, con un mezzo di trasporto privato o pubblico (o anche, ma oggi raramente, a piedi).
Questa è la definizione di “viaggio” secondo il vocabolario della lingua italiana, Treccani. Sebbene, la spiegazione possa sembrare apparentemente semplice, essa nasconde al suo interno una serie di piccole sfumature di carattere personale che assumono tonalità più o meno vivide. Non importa quale tipo di viaggio stiamo per affrontare: se per lavoro, per curiosità o per svago; ciò che importa è cosa diamo noi e cosa ci viene lasciato alla fine di questa esperienza. Ogni realtà attraversata ci segna, ogni persona incontrata ci forgia, ogni cielo ci affascina, lasciando in noi un’impronta indelebile che non se ne andrà mai. Profumi, immagini, colori, libri e oggetti portano con sé un bagaglio di ricordi da cui risulta davvero difficile distaccarsi. Questi raccontano non solo il nostro vissuto, ma i segni – più o meno evidenti– lasciateci sulla “nostra pelle”. Eppure, quanto è difficile aprirsi e dar voce a quelle memorie? Quanto è complesso mettersi a nudo di fronte a qualcuno? Già solo leggendo queste domande ci irrigidiamo, proprio perché in verità abbiamo assunto una modalità di protezione nei nostri confronti. Ovvero? Limitarci, ormai in maniera del tutto inconsapevole, uniformandoci ad una comunità che vive tranquilla all’interno del proprio schema sociale. Eppure, possiamo dire che il concetto di sicurezza e l’idea che ne scaturisce passa per il controllo delle persone e di ciò che posseggono? La sicurezza è data dalla limitazione della libertà? Queste sono le domande che si è posto l’artista Giovanni Battimiello per il progetto Check List in mostra presso Shazar Gallery. Passeggiando per la mostra, si evince quanto le limitazioni di cui parliamo siano reali e tangibili attraverso delle comunissime valigie poste in esame dall’artista. Quest’ultimo “mette in mostra” – letteralmente- il contenuto di ogni bagaglio, evidenziando gli oggetti racchiusi al loro interno. Sebbene, a primo impatto possa sembrare una carrellata di oggetti qualunque, questi racchiudono al loro interno squarci di realtà e sfumature personali di coloro che li posseggono. Scrigni di identità si svelano davanti agli occhi del pubblico, al quale è richiesto di non vestire i panni di mero spettatore ma di essere parte attiva della mostra. Ma, il compendio di oggetti esposti è davvero la rappresentazione reale e veritiera delle persone che le hanno composte? A dar voce alla loro identità sono gli stessi viaggiatori, chiamati ad esprimersi nella forma più consona per raccontarsi al meglio, o per negarsi. Così facendo si contrappone la sfera reale della valigia “scansionata”, la quale diventa contenitore e contenuto di identità vaganti, con il virtuale che racchiude la personalità di ogni singolo viandante. Un cortocircuito con il quale l’artista intende innescare una profonda riflessione sul rapporto di ciò che possediamo, di come veniamo esaminati e per quello che siamo veramente. In questo modo le valige diventano delle isole temporanee di memorie immortali, che si stagliano come sculture, “scolpendo” quel breve ma intenso lasso di tempo che si manifesta poco prima di una partenza e/o di un ritorno.